Gli egizi impararono molto presto a estrarre materie prime dal sottosuolo, spingendosi, a questo scopo, anche a grandi distanze dalla Valle del Nilo. Fra le località più anticamente sfruttate c’erano le miniere di Wadi Maghara, nel Sinai, già attive sotto il faraone Zoser (III dinastia). Per raggiungerle era necessario attraversare il Deserto Orientale e seguire la costa del Mar Rosso; vi si estraevano il rame e la malachite e la regione era sacra alla dea Hathor, detta infatti "Signora della malachite". Nella parte più meridionale del territorio egiziano si trovavano invece le cave di diorite (una roccia scura simile al granito) sfruttate fin dall’epoca di Cheope, il costruttore della Grande Piramide. Il trasporto di questo materiale avveniva lungo il corso del Nilo, almeno fino alla prima cateratta, ed oltre, grazie ai canali fatti scavare dai faraoni a partire dalla IV dinastia. Cave di alabastro si trovavano a El-Amarna, il basalto veniva dal Faiyum, il granito da Assuan, il calcare da Tura, la quarzite dalla zona di Eliopoli; l’oro, invece, era estratto dalle miniere del Deserto Orientale (Wadi Hammamat) e della Nubia. L’approvvigionamento di tutti questi materiali era reso difficile dalle grandi distanze che separavano cave e miniere dalla Valle del Nilo; per questo si provvide a vie di comunicazione agibili e a rifornimenti continui d’acqua.